IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    All'esito  della udienza di convalida all'arresto di John Silvia,
nata  a  Lagos  (Nigeria)  il  28 gennaio 1979, senza fissa dimora in
Italia,  el.  dom.  presso il difensore di ufficio; difesa di ufficio
dall'avv.  Gabriella  Berardo  del  foro  di Saluzzo; indagata per il
reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs n. 286/1998 per essersi
trattenuta,  senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in
violazione  dell'ordine di abbandonare il territorio nazionale emesso
dal  questore  di  Cuneo  il  24 febbraio 2003 ai sensi dell'art. 14,
comma  5-bis,  d.lgs n. 286/1998 e notificatole lo stesso 24 febbraio
2003; acc. in Casalgrasso, il 6 settembre 2003;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Alle  ore  20  circa  del  6  settembre  2003  una  pattuglia dei
Carabinieri  di  Moretta  procedeva  all'arresto di John Silvia nella
flagranza  del  reato  sopra  rubricato.  In data 8 settembre 2003 il
pubblico  ministero  emetteva - ai sensi degli artt. 389 c.p.p. e 121
disp.  att. c.p.p. - decreto motivato di liberazione ritenendo di non
formulare  alcuna  richiesta  di  applicazione  di misura coercitiva.
Presentava  quindi  tempestivamente  a  questo  ufficio  richiesta di
convalida dell'arresto.
    Dubita  il  giudice  scrivente  di  poter  convalidare  l'arresto
perche'   ritiene   che   il   disposto  di  cui  all'art. 14,  comma
5-quinquies,   d.lgs   n. 286/1998   (come   modificato  dalla  legge
n. 189/2002) si ponga in conflitto con alcune norme costituzionali.
Violazione dell'art. 3 Cost.
    Nel  nostro  ordinamento  l'arresto  obbligatorio in flagranza di
reato   e'  previsto  dall'art. 380  c.p.p.  in  correlazione  a  due
categorie di reati:
        a)  genericamente  per  tutti  i delitti per i quali la legge
stabilisce   la  pena  dell'ergastolo  ovvero  della  reclusione  non
inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti;
        b)  per  una  serie di reati specificamente elencati i quali,
pur   essendo   puniti   con   una  pena  detentiva  inferiore,  sono
manifestazione,  nella  valutazione  del legislatore, di una spiccata
pericolosita'  sociale.  Puo' dunque affermarsi che l'obbligatorieta'
dell'arresto  e'  correlata  a  reati  che hanno natura di delitti (e
quindi  sono caratterizzati dall'elemento psicologico del dolo) e che
rappresentano un grave attentato ai valori e agli interessi giuridici
sociali.
    L'art. 14,   comma  5-quinquies,  d.l.sg.  n. 286/1998  (dopo  la
modifica  apportata  dalla  legge  n. 189/02) ha introdotto l'arresto
obbligatorio per un reato che:
        nella  stessa  valutazione  del  legislatore  e'  di  modesta
gravita', tanto da essere punito con l'arresto da sei mesi a un anno;
        e' un reato contravvenzionale, punito pertanto anche a titolo
di mera colpa.
    Queste    due    caratteristiche   allontanano   la   fattispecie
incriminatrice  in  esame  da  tutte le altre ipotesi per le quali e'
stabilito   l'arresto   obbligatorio,   avvicinandola   invece   alle
numerosissime  contravvenzioni  per  le  quali  e'  escluso  non solo
l'obbligo,   ma   anche  la  facolta'  di  procedere  all'arresto  in
flagranza.
    E'  dunque  indubitabile  che  la norma in oggetto introduca, per
l'autore  del  reato  di cui all'art. 14, comma 5-ter, un trattamento
diverso  -  e  ben piu' afflittivo - da quello previsto per tutti gli
altri autori di reati contravvenzionali anche piu' gravi, equiparando
invece  la  sua  posizione  processuale  e sostanziale a quella degli
autori   di  gravi  delitti  contemplati  dall'art. 380  c.p.p.  Tale
disparita'  di  trattamento  risulta inoltre confermata dal confronto
della   norma   incriminata   con  l'altra  ipotesi  di  arresto  per
contravvenzione  introdotto dalla legge n. 189/2002; l'art. 13, comma
13,  punisce  con la medesima pena (arresto da sei mesi a un anno) lo
straniero  espulso  che  trasgredisca  al  divieto  di  rientrare nel
territorio  dello  Stato  in  difetto  di speciale autorizzazione del
Ministro  dell'interno;  ebbene, in questo caso, caratterizzato da un
piu'  forte  elemento  soggettivo  e  punito con la medesima sanzione
penale, l'arresto e' soltanto facoltativo.
    Se  dunque  e' vero che spetta al legislatore stabilire i casi in
cui    e'   imprescindibile   incidere   sulla   liberta'   personale
dell'imputato,  e'  ugualmente  vero  che la nuova ipotesi di arresto
obbligatorio  in  flagranza  rappresenta  un  elemento di rottura del
sistema  normativo  che  si ritiene debba conservare una sua coerenza
intrinseca  al  fine  di salvaguardare il principio costituzionale di
eguaglianza   che   esige   un  trattamento  non  discriminatorio  di
situazioni omogenee.
Violazione dell'art. 13, terzo comma, Cost.
    Poiche'  la  previsione  dell'arresto  obbligatorio  in flagranza
incide,  comprimendole, la liberta' personale di un individuo, la sua
legittimita'  e' corretto vada confrontata anche e soprattutto con la
disposizione  costituzionale  che  detta  i  parametri  da rispettare
nell'adozione di provvedimenti provvisori in tema appunto di liberta'
personale.
    Con  la  disposizione  di  cui  all'art. 13,  terzo  comma, si e'
dettato  un  preciso  e  chiarissimo limite alla discrezionalita' del
legislatore  ordinario,  stabilendo  che l'intervento degli organi di
P.S.  sia  giustificato  dalla  ricorrenza  di  «casi  eccezionali di
necessita' ed urgenza».
    Orbene,  l'arresto  obbligatorio  in  flagranza  del reato di cui
all'art. 14,  comma  5-ter, tenuto conto della complessiva disciplina
processuale  e  sostanziale,  si  presenta  non  solo  estraneo  alla
categoria  dei  «casi  eccezionali  di necessita' ed urgenza», ma del
tutto inutile.
    E'  indubitabile  che  l'istituto  dell'arresto  in  flagranza e'
caratterizzato  da una evidente finalita' anticipatoria degli effetti
della  applicazione,  da  parte  del giudice, di una misura cautelare
coercitiva:  cio'  emerge  con  chiarezza dal disposto dell'art. 391,
comma   quinto,  c.p.p.  che  consente  al  giudice  della  convalida
l'applicazione  di  misure coercitive anche al di fuori dei limiti di
pena  previsti  dagli  artt. 274,  comma primo, lett. c) e 280 c.p.p.
Orbene,  nel caso in esame questa finalita' difetta del tutto: non vi
e'  infatti  alcuna  norma che consenta al giudice, dopo la convalida
dell'arresto,  di  applicare una misura cautelare; dunque, il sistema
delineato  dal  legislatore  comporta che all'arresto obbligatorio in
flagranza consegue necessariamente la liberazione dell'arrestato o da
parte  del  g.i.p.  all'esito  della  fase  di convalida dell'arresto
oppure,  ancora  prima, dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 121
disp. att. c.p.p., come avvenuto doverosamente nel caso di specie.
    L'utilita' dell'arresto in flagranza in tali ipotesi di reato non
puo' essere giustificato altrimenti:
        non  con  la  esigenza di procedere immediatamente a giudizio
direttissimo:   la   previsione  di  un  processo  rapido  nel  quale
all'arresto   segua   il   processo,   la  condanna,  l'espulsione  e
l'accompagnamento  alla  frontiera  e'  incompatibile  con il sistema
processuale   che  consente  all'arrestato,  dopo  la  convalida,  di
ottenere  un  termine  a  difesa e gli da' diritto di lasciare l'aula
libero  nella  persona  e di presentare nelle successive udienze ogni
prova  a  sostegno  della  sussistenza di un giustificato motivo alla
inottemperanza   all'ordine  del  questore;  per  altro  verso,  deve
evidenziarsi  che  non e' necessario l'arresto in flagranza per poter
procedere   con   il   rito  direttissimo,  essendo  sufficiente  una
situazione  di  particolare  evidenza  della  prova  (artt. 449,  450
c.p.p.);
        non  con  l'esigenza di garantire con l'arresto la successiva
esecuzione  della  espulsione  con  accompagnamento  alla  frontiera:
premesso   infatti   che   l'autorita'  amministrativa  puo'  sempre,
autonomamente  dalla  autorita'  giudiziaria,  eseguire  l'espulsione
coattivamente   e   che  puo'  fare  affidamento  su  un  periodo  di
complessivi sessanta giorni per risolvere le difficolta' pratiche che
si interpongano alla esecuzione coattiva, e' evidentemente utopistico
pensare  che  l'arresto  in  flagranza  faciliti  la procedura: se la
polizia  e' in grado di eseguire l'espulsione al momento dell'arresto
dello  straniero  la miglior soluzione sarebbe eseguirla subito senza
dover  mettere  l'arrestato a disposizione del p.m. e del giudice; se
non  e'  in  grado per difficolta' oggettive di procedervi al momento
dell'arresto certamente non lo sara' neppure dopo 48 ore.
    In  conclusione  ritiene  il remittente che non siano ravvisabili
nella  fattispecie  in  esame gli estremi costituzionalmente previsti
per una limitazione della liberta' personale, dimostrandosi l'arresto
in  flagranza una previsione sostanzialmente inutile perche' priva di
finalita'   processuali   e  sostanziali  e  non  giustificata  dalla
ricorrenza di un caso eccezionale di necessita' o urgenza.
    La   questione  di  legittimita'  costituzionale  appare  inoltre
rilevante anche se l'arrestato e' stato posto in liberta' per decreto
del pubblico ministero, essendo evidente che permane la necessita' di
accertare e dichiarare la legittimita' o meno dell'operato della p.g.
ai fini della convalida dell'arresto.